pubblicato il 24 aprile 2019

La restrizione dell’uso di rame

Benefici per la salute e l’ambiente o penalizzazione per l’agricoltura biologica?

TAGS: Rame, Agricoltura Biologica, Agrofarmaci, Viticoltura

Tratto da Georgofili.it
di Liviana Leita, Fabrizio Golinelli

Tra le ricadute maggiormente evidenti e repentine che il cambiamento climatico ha favorito, favorisce e favorirà, appare incontrovertibile l’insorgenza e lo sviluppo di fitopatologie funginee per il cui controllo è indispensabile l’impiego ripetuto e corposo di agrofarmaci.
La difesa è naturalmente più difficoltosa in regime di coltivazione biologica, i cui disciplinari prevedono l’impiego di una ristretta lista di composti/sostanze “di copertura” ed i prodotti a base rameica sono i più utilizzati ed antichi, efficaci su un ampio spettro di fitopatologie e, non da ultimo, risultano maggiormente economici.

Accolto il parere della Commissione Plants, Animals, Food and Feeds e dell’EFSA, la Commissione Europea ha emanato il Regolamento di Esecuzione 1981/2018 (in vigore dal 1 febbraio 2019) nel quale si “raccomanda” la riduzione dell’ apporto di rame da 6 a 4kg/ettaro/anno con lissage di 28 kg/ha complessivi, nel lasso temporale di sette anni, fatte salve deroghe a livello nazionale.
La recente “raccomandazione” rappresenta un ulteriore passo verso la sostituzione del rame nel novero dei composti fitosanitari, in osservanza dell’art. 24 del regolamento CE 1107/2009. Se tuttavia tale strategia è adesa ai fondamenti propri dell’agricoltura sostenibile ed alle linee politiche inerenti, essa presenta nel contempo altrettante criticità che potranno investire particolarmente nel settore biologico le coltivazioni ad alto reddito, la viticoltura in primis, che richiedono prioritariamente trattamenti con prodotti rameici. 

Per contro la disposizione europea potrebbe paradossalmente permettere condizioni tutt’altro che restrittive per quelle colture erbacee che tradizionalmente sono soggette a rotazione almeno triennale (generalmente in alternanza a cereali e oleaginose) come ad esempio il pomodoro da industria e la patata, i cui trattamenti rameici potrebbero perfino eccedere la dose annua di 9 kg/ha di rame!
Il criterio discriminatorio seguito dalla Commissione per addivenire alle “raccomandazioni” pare decisamente precauzionale, distante dalla oggettiva valutazione di rischio, forse più teso ad accondiscendere strategie comunitarie di armonizzazione (l’uso di rame per il controllo delle fitopatologie è già stato vietato nei Paesi Bassi ed in Scandinavia e bandito da disciplinari di produzione di organizzazioni ed enti di certificazione di Paesi del centro-nord Europa).
Appare ragionevole chiedersi se l’uso del rame in agricoltura rappresenti davvero causa di detrimento per la salute e la qualità dell’ambiente o se la raccomandazione della Commissione UE non sia volta piuttosto a penalizzare la coltivazione biologica....l'articolo continua sul sito dei Georgofili:CLICCARE QUI